LA PIANURA DEI SETTE FRATELLI

Questa è la storia di Gelindo, di Antenore, di Aldo, di Ferdinando, di Agostino, di Ovidio e

di Ettore. Questa è la storia dei fratelli Cervi, fucilati dai fascisti la mattina del 28 dicembre 1943. Questa storia è la storia di una famiglia, è storia di politica, di intrecci pericolosi, di anni duri e bui, di un ideale di libertà. Questa è la storia di tutti quelli che hanno fatto qualcosa perché la casa dei Cervi sia ancora in piedi: di tutti quelli che sanno che il sole non nasce per una persona sola," scrive Leonardo Vecchi "e di quel dolore che non riusciremo mai a comprendere appieno, poiché il dolore non è contagioso, contrariamente alla violenza."
La casa della famiglia Cervi si trova nella pianura reggiana tra i comuni di Campegine e Gattatico, in località Campi Rossi. Siamo nel 1943.
La dittatura fascista imperversa e i fratelli Cervi sono profondamente legati all'idea di libertà che il padre Alcide insegna loro. Cresce il disprezzo per la violenza delle squadre di Mussolini, per le Case del Popolo date alle fiamme in tutto il paese, per i libri che bruciano. 
Mentre l'aria della pianura padana si fa triste e nera, i Cervi danno inizio alle loro prime attività clandestine antifasciste.
Nella loro zona, la lotta partigiana si intensifica: si formano i primi Gruppi di Azione Partigiana (GAP) e i primi Comitati di Liberazione Nazionale (CLN).
Casa Cervi offre ospitalità a combattenti per la libertà e così facendo aumenta notevolmente il rischio concreto di rappresaglie fasciste. 
Una sera di Novembre, mentre in casa dormono tutti, fuori, nella pioggia, i fascisti stanno accerchiando i Cervi intimando loro di arrendersi. Dopo aver tentato di resistere con le poche armi a disposizione, è ora di uscire allo scoperto. Racconta Alcide: "Così scendiamo le scale, piano per l'ultima volta. Le donne si aggrappano alle spalle degli uomini, qualcuno piange. Agostino prende in braccio il suo bambino e lo bacia". Antenore si raccomanda ai suoi figli: "Non lasciate mai sola la mamma, e non fate arrabbiare la nonna. Papà ritorna presto" e poi esce nel cortile insieme agli altri. 
Una canzone dei Gang ("La pianura dei sette fratelli") racconta questo momento


La pianura dei sette fratelli

E terra e acqua e vento,

non c'era tempo per la paura
nati sotto la stella
quella più bella della pianura,
avevano una falce
e mani grandi da contadini
e prima di dormire
un padre nostro
come da bambini.

Sette figlioli sette
di pane e miele
a chi li do
sette come le note
una canzone gli canterò.
E pioggia e neve e gelo
e fola e fuoco insieme al vino
e vanno via i pensieri,
insieme al fumo su per il camino.

Avevano un granaio,
e il passo a tempo
di chi sa ballare
di chi per la vita
prende il suo amore
e lo sa portare.

Sette fratelli sette
di pane in miele,
a chi li do 
non li darò alla guerra 
all'uomo nero non li darò.

Nuvola lampo e tuono,
non c'è perdono per quella notte
che gli squadristi vennero
e via li portarono coi calci e le botte.

Avevano un saluto,
e degli abbracci quello più forte
avevano lo sguardo
quello di chi va incontro alla sorte.

Sette figlioli sette,
sette fratelli
a chi li do
ci disse la pianura
questi miei figli
mai li scorderò.

Sette uomini sette
sette ferite
e sette solchi 
ci disse la pianura 
i figli di Alcide 
non sono mai morti.

In quella pianura,

da Valle Re ai Campi Rossi
noi ci passammo un giorno
e in mezzo alla nebbia
ci scoprimmo commossi.

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